Mi hanno chiamata dal nido, completamente all’improvviso.
«Signora, deve venire a prendere sua figlia un po’ prima», mi disse la maestra con voce seria.
«È successo qualcosa? Sta bene?»
«Sta bene… ma dobbiamo parlarle.»
Il cuore mi si è stretto.
Non riuscivo più a concentrarmi. Ho lasciato tutto e sono corsa al nido.
Appena arrivata, mi hanno mandata subito dalla psicologa.
Lei sospirò, mi guardò con aria severa e mi porse un foglio.
«Oggi i bambini dovevano disegnare la loro famiglia. Questo è il disegno di sua figlia.»
C’erano tre figurine semplici — solo dei bastoncini con la testa rotonda — e sotto, i nomi:
“Papà”, “Nonna Oli” e “Io”.
Nient’altro.
«Lo nota?» mi disse la psicologa. «Lei non c’è. È come se, nel suo mondo, la mamma non esistesse. Questo è un segnale importante. Dovrebbe dedicare più tempo a sua figlia, esserci di più, diventare parte del suo mondo…»
Rimasi lì, gelata, ad ascoltare quella lezione su quanto fossi una madre assente.
E dentro di me un pensiero mi martellava:
“Ma come? Io ci sono sempre. Le leggo storie, cuciniamo insieme, portiamo fuori il cane, ridiamo, parliamo… come può non avermi disegnata?”
Uscite dal nido, camminavamo verso casa.
Lei chiacchierava felice, io avevo il cuore pieno di dubbi.
Alla fine non resistetti:
«Amore, oggi avete disegnato la famiglia, vero?»
«Sì, mamma.»
«E perché hai disegnato solo papà e la nonna? Perché non mi hai messa?»
Si fermò, mi guardò con quei suoi occhioni seri e mi rispose con una dolcezza che mi fece sciogliere:
«Mamma… perché tu sei troppo bella. E io non so ancora disegnare qualcosa di così bello.»