Da dopo il Covid i prezzi in Italia sono mediamente più alti di poco meno del 20%.
Nello stesso periodo di tempo, gli stipendi medi sono aumentate di meno della metà di quella cifra.
Significa che dal Covid in poi abbiamo visto avuto una fortissima perdita di potere di acquisto dei nostri stipendi.
Questo è un bene per chi il lavoro lo domanda ( = le imprese), perché in termini reali costa meno.
E quando una cosa costa meno, ne domandi di più. Si spiega (anche) così il boom occupazionale che abbiamo visto dal 2021 in poi.
Ma è un male - un grosso male - per chi il lavoro lo offre, e cioè i lavoratori.
Che si accorgono che con il loro stipendio, anche se magari nominalmente un po’ più alto, non riescono più a fare le cose che facevano prima: la stessa spesa al supermercato, lo stesso canone di affitto, la stessa cena fuori al ristorante con la famiglia, le stesse abitudini di consumo.
Questo effetto non è uguale in tutto il paese, semplicemente perché l’inflazione è media: significa che, magari, in una zona del paese è cresciuta di più, in un’altra di meno.
E in un sistema in cui la definizione dei salari è sostanzialmente centralizzata (cioè l’aumento nominale é uguale da Bolzano a Enna), significa che i lavoratori della zona del paese in cui i prezzi sono aumentati di più, subiscono una “botta” più grande.
Questa zona è il Nord Italia, per la prima volta da 30 anni priva di specifica rappresentanza politica; cioè da quando la Lega liberista di Bossi e Maroni ha lasciato il testimone alla Lega populista e marxista-leninista di Salvini, Borghi e Bagnai.
Per questo il
@Partito_Libdem in questa Legge di Bilancio ha insistito molto su due proposte, purtroppo non accolte.
La prima è rinunciare ai soldi che si BUTTANO VIA su pensioni e rottamazioni per finanziare DIECI punti di riduzione dell’aliquota Irpef sul ceto medio (la fascia 50.000 - 60.000 euro mld annui). Che sono quelli che pagano un’aliquota fiscale - il 45/46% - a fronte della quale anche il più radicale socialista americano o inglese rimane inorridito.
[REMINDER: perché non sui più poveri ? Perché i più “poveri” non hanno un problema fiscale, di IRPEF ne pagano già zero o pochissimo. Il loro problema è che ad essere basso è lo stipendio lordo ]
La seconda è rinunciare al confuso intervento sulla detassazione (molto parziale) di tutti gli aumenti contrattuali per fare invece una detassazione totale degli aumenti contrattuali derivanti dalla contrattazione locale: solo così si riesce a far sì che non ci siano parti del Paese che prendono una “botta” molto più forte di altri.
Recuperare il potere d’acquisto degli stipendi è la priorità numero uno dell’Italia.
Sapete perché ?
Perché sennò arriva l’ennesimo cazzaro che promette di risolverlo con lo slogan di turno.
E la gente esasperata rischia di continuare a cascarci.
A quanto pare.